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Coyuntura
  Politiche Ue in America latina - di Anna Camposampiero
 

 

Le relazioni commerciali tra l’Unione europea l’America latina e le risposte dei movimenti sociali

Il partenariato strategico tra l’Unione europea e i paesi dell’America latina e Caraibi (Alc) è stato istituito a Rio de Janeiro nel 1999. In questi dieci anni ci stati molti cambiamenti, e in particolare i fallimenti sempre più frequenti dei vertici della Organizzazione mondiale del commercio (Omc, Wto) hanno dato l’avvio a una nuova forma di neoliberismo basata essenzialmente sui trattati bilaterali.

L’Unione europea ha per così dire “ufficializzato” questa nuova modalità con la strategia “Europa globale, competere nel mondo”, promossa dalla Commissione europea nel 2006, e nei documenti di programmazione per la regione 2007-2013 che hanno posto le basi per le politiche neoliberiste promosse dalla Ue negli ultimi anni, acuendo il modello di liberalizzazione commerciale, sia in Africa, attraverso i negoziati per gli EPAs (Economic Partnership Agreements), sia in America latina e Carabi, attraverso i negoziati per gli AdA (Accordi di associazione). In particolare per l’America Latina e Caraibi l’obiettivo è firmare accordi commerciali consolidando una “Zona Euro-Latinoamericana di libero commercio”.

LE FORME DEL PARTENARIATO Il commercio tra America latina e Ue si limita all’esportazione delle risorse naturali, materie prime e beni basilari, e all’importazione di beni industriali, con un bilancio negativo per America latina e Caraibi, costretti a esportare di più per compensare le importazioni di beni con alto valore aggiunto.

Gli interessi commerciali della Ue in materia di beni sono innegabili, ma sono ancora più importanti le sue aspirazioni di rafforzare la sicurezza dei propri investimenti e l’accesso al mercato dei servizi, nei quali la Ue ha un ruolo di premazia, ancora più importante di quello degli Usa, la cui immagine peraltro contrasta con quella “umanitaria, colta e liberale” che l’Europa ha promosso di sé stessa negli anni.

Nella comunicazione “Un partenariato rafforzato tra Unione europea e America latina” del 2005 la Commissione ha dichiarato di aver cercato di rafforzare il dialogo politico biregionale. Vi si legge che “gli obiettivi principali (…) sono : promuovere l’integrazione e la negoziazione regionale per stipulare accordi di cooperazione allo sviluppo verso la riduzione della povertà e della disuguaglianza sociale e migliorare i livelli di istruzione.”

Nell’aprile del 2007 l’Unione europea ha avviato i negoziati per gli Accordi di associazione (AdA) con la Comunità andina delle nazioni (Can) e con il Centroamerica. I negoziati sono iniziati nel settembre del 2007. Gli Ada pretendono di differenziarsi dai Trattati di libero commercio (Tlc) con i capitoli sulla “cooperazione” e il “dialogo politico”. La Ue aveva altresì dichiarato che i negoziati sarebbero avvenuti con blocchi di paesi, allo scopo di rafforzare l’integrazione regionale, e che attraverso la “clausola democratica” sarebbe stata data importanza ai diritti umani. In realtà, all’interno della strategia commerciale è prevista la promozione agli investimenti delle imprese multinazionali europee in detrimento al rispetto dei diritti fondamentali : la Ue cerca costantemente di eliminare qualunque tipo di barriera commerciale, che siano tariffe o regolazioni per gli investimenti.

L’esperienza degli ultimi venti anni ha dimostrato che la liberalizzazione del commercio e del movimento di capitali non aiuta i paesi poveri a uscire dalla loro condizione, mentre si dovrebbe dare molta più importanza al ruolo delle manovre politiche interne, specifiche per ciascun paese, con i soggetti nazionali come obiettivo, piuttosto che quelli esteri. I fatti dimostrano che gli Ada pretendono dai paesi firmatari l’apertura dei mercati domestici ai prodotti europei, oltre alla liberalizzazione del settore dei servizi - inclusi quelli essenziali come acqua, educazione e sanità -, l’accesso agli appalti pubblici (come gli appalti per l’edilizia, dove ci sono il 90% di opportunità di affari e dove le quattro principali imprese che dominano il mercato sono europee, tra cui l’italiana Impregilo), la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, dei farmaci e delle biodiversità, la definizione di regole di concorrenza, promozione e difesa degli investimenti delle imprese estere.

I risultati degli accordi già firmati con Messico (aprile 2000) e Cile (marzo 2005) distano molto dalle promesse. Il bilancio è francamente negativo : gli investimenti europei nei paesi hanno goduto di protezione, mentre, in cambio, i cittadini colpiti dalle conseguenze di questi investimenti non ne hanno avuta di nessun tipo. Gli investimenti europei sono legati al settore finanziario, ai servizi pubblici e all’estrazione di risorse naturali, con i quali, semplicemente, si è acuito un modello economico basato su una divisione internazionale del lavoro che assegna a questi paesi la produzione di materie prime e ai paesi sviluppati quella dei prodotti intermedi. I paesi che si specializzano nella produzione di materie prime privatizzano la prestazione dei servizi essenziali, aumentano le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza e abbandonano qualunque progetto di sviluppo nazionale. Questi accordi, inoltre, sono supportati dalle oligarchie locali che sostengono le multinazionali e non hanno nessun effetto positivo in termini di diritti del lavoro o diritti umani. In sostanza, questi accordi hanno avuto come conseguenze il peggioramento delle disuguaglianze sociali, la distruzione degli apparati produttivi nazionali, la perdita della sovranità alimentare, la distruzione dell’ambiente, l’aumento di disoccupazione e di impieghi precari. Gli studenti cileni, gli indigeni Mapuche, la popolazione di Oaxaca, le donne assassinate in Messico si stanno ancora chiedendo dove siano i vantaggi che dovevano derivare dagli accordi con la Ue, che non hanno impedito, attenuato e ancor meno trasformato queste realtà.

I TRATTATI BILATERALI Davanti alle difficoltà di avanzamento dei negoziati con la Can (dovute anche al rifiuto Ue delle proposte alternative del governo boliviano nel settore commerciale), l’Unione europea ha deciso di iniziare un processo bilaterale con i paesi interessati comunque ai Tlc, come Perù e Colombia, minando in questo modo il processo di integrazione regionale.

Nei negoziati tra Ue e Can i disaccordi interni a quest’ultima provengono dall’esistenza di differenti modelli di sviluppo : la Bolivia e l’Ecuador non vogliono un Tlc con la Ue, mentre Colombia e Perù sì.

La posizione del governo dell’Ecuador è chiara : l’accordo commerciale che si sta costruendo tra Europa e Can non risponde ai criteri dello sviluppo dell’area andina e di un equilibrio nelle relazioni commerciali. Nonostante le dichiarazioni ufficiali dei funzionari della Ue in favore dei diritti umani e nonostante l’Europa si dichiari promotrice della "clausola democratica" nelle sue trattative commerciali, le continue denunce di abusi e sistematiche violazioni del diritto umanitario tanto in Colombia come in Perù non sono state mai state prese in considerazione durante la conduzione dei negoziati. Temi di enorme rilevanza, come ad esempio il riconoscimento dei diritti dei lavoratori migranti nei paesi della Ue, sono rimasti fuori da qualunque discorso politico o trattativa commerciale, nonostante siano numerosissimi gli abitanti dell’area andina che decidono di emigrare in Europa in cerca di lavoro.

Colombia e Perù per contro sono intenzionati ad accelerare il processo di negoziazione e hanno già rinunciato a includere i capitoli relativi alla cooperazione e al dialogo politico. Lo scopo ultimo delle trattative è quello di promuovere la firma di un TLC basato sui cosiddetti principi di Singapore, ossia liberalizzazione degli scambi commerciali e dei servizi, oltre al raggiungimento di posizioni comuni in materia di investimenti, proprietà intellettuale e politiche economiche di cui si parlava sopra. Le proposte di Ecuador e Bolivia, in favore di un "commercio giusto" e di "accordi commerciali che promuovano lo sviluppo della regione andina", superando gli squilibri e le asimmetrie con l’Europa, sono state sistematicamente ignorate dai governi colombiano e peruviano, strenui difensori del dogma del libero commercio.

In sostanza si evidenzia che le ambizioni europee sono più aggressive rispetto a quanto già ottenuto dagli Stati uniti. Questo non farà altro che generare una guerra tra poveri all’interno della regione andina, cercando di vendere, per esempio, un chilo in più di banane sul già saturo mercato europeo. Si parla di banane in particolare perché è recente la fine della cosiddetta guerra delle banane : una querelle durata 16 anni. Anche l’Ecuador, primo esportatore, ha firmato l’accordo che prevede una riduzione delle tariffe doganali, nella sede della Omc di Ginevra a metà del dicembre scorso. “L’Unione europea è pronta a tagliare le tariffe doganali dagli attuali 176 euro a tonnellata a 114 euro entro il 2017 in sette fasi”, ha affermato il commissario europeo al Commercio Benita Ferrero Waldner. I paese Acp (Africa, Caraibi e Pacifico) si lamentano. Non esiste più nessun tipo di vantaggio per loro e l’accordo in sostanza vale solo per pochi paesi latinoamericani e per gli Usa, che a dire la verità non esportano nulla ma sono interessati all’argomento perchè tutte le multinazionali delle banane hanno sede negli Usa. Non ha torto chi pensa che la firma dell’accordo possa far regredire ancora di più le economie dei piccoli paesi,che spesso vivono sulla produzione agricola. Con questo accordo l’Europa non perde assolutamente nulla, ma i paesi Acp rimangono ulteriormente esclusi dalla possibilità di esportare, con la conseguenza di un mancato guadagno di valuta che può risultare fatale.

D’altro canto gli europei temono anche per il futuro dei loro investimenti, non solo per l’avanzare di nazionalismi interni (la Bolivia che si è ritirata dal Ciadi, l’Ecuador che ha dichiarato illegittimo il debito estero), ma anche perché il mandato per i negoziati non contempla la possibilità di definire totalmente il tema degli investimenti attraverso gli Ada, tant’è che si stanno promuovendo Accordi bilaterali di investimenti (Bit). Il problema si pone perché anche se alcuni paesi, come Colombia e Perù, chiedono di negoziare individualmente accordi bilaterali con l’Europa, il mandato per i negoziati sottoscritto dai 27 paesi membri della Ue esige che i trattati avvengano per blocchi regionali. Negoziare con i singoli paesi potrebbe implicare un nuovo mandato e quindi ritardare l’agenda di anni, mentre il desiderio, soprattutto nel primo semestre 2010 sotto presidenza spagnola, è quello di cercare di concludere questi accordi. In Centro America apparentemente gli unici paesi che intendono proseguire rapidamente i negoziati sono Costa Rica e Guatemala, considerato che anche il Nicaragua sta facendo passi indietro. All’interno del Mercosur, per contro, la situazione ristagna. La Ue non offre all’Argentina e al Brasile nessuna concessione sui beni agro-alimentari, settore in cui i due paesi sono una potenza.

Una delle accuse nei confronti dei negoziati, sia che avvengano per blocchi, sia che siano bilaterali, è il fatto che vengano attuati senza nessun coinvolgimento della società civile e delle parti sociali, oltre al fatto che vengono approvati senza discussioni nei parlamenti. Non esistono ad oggi meccanismi validi perché la società civile possa partecipare, non ci sono studi sugli impatti degli accordi, e la Ue mantiene una posizione ferma ed esigente nonostante le proteste dei settori sociali europei, centroamericani e andini che chiedono informazioni, partecipazione e trasparenza.

LA COSTRUZIONE DI MOVIMENTI ALTERNATIVI A partire dal 2004 i vertici per i negoziati tra Ue e America latina si svolgono in uno dei due continenti a cadenza biennale. Ci sono stati i negoziati di Guadalajara nel 2004, Vienna nel 2006 e Lima nel 2008. In ogni occasione la rete biregionale Europa-America latina e Carabi, Enlazando Alternativas (Ea), ha costruito un controvertice con la partecipazione della società civile proprio per sopperire a quella mancanza di coinvolgimento che viene da coloro che, eletti, dovrebbero rappresentare gli interessi dei popoli.

Ea è una rete biregionale nata proprio per unire le forze separate da un oceano al fine di costruire non solo resistenza ma anche delle proposte alternative e una risposta sociale al sistema neoliberista, che si dimostra sempre più fallimentare.

Uno degli obiettivi della rete è smascherare la “faccia buona” che l’Unione europea ha da sempre in America latina, vuoi per vecchi vincoli post coloniali, vuoi per contrapposizione all’imperialismo statunitense, mentre oggi si potrebbe tranquillamente parlare di neocolonialismo europeo. Contemporaneamente la rete si pone anche l’obiettivo di dimostrare come le ricadute di queste politiche danneggino anche i settori sociali e lavorativi all’interno della stessa Ue.

Ogni controvertice ha avuto come conseguenze sul territorio in cui è stato realizzato una maggior consapevolezza delle politiche promosse dai governi, spesso con la creazione di nuove forme di aggregazione e di mobilitazione, come nel caso dell’ultimo vertice a Lima nel maggio 2008 : in Perù si è costituita una rete nuova, la Cumbre de los pueblos, che prosegue il lavoro di analisi, denuncia, pressione, iniziato con i lavori di preparazione e con il controvertice stesso.

La rete Ea è composta da settori sociali differenti, appartenenti al mondo delle Ong, delle organizzazioni indigene, di donne, sindacati, associazioni ambientaliste, dedicate ai migranti, partiti politici. La forza è non solo nella composizione così eterogenea, ma anche nella biregionalità, che consente di analizzare e condividere le azioni, le mobilitazioni, le informazioni sui due fronti.

Dal lato latinoamericano ci sono forze estremamente rappresentative come la Alianza Social Continental, che raggruppa un centinaio di movimenti sociali e organizzazioni, o come la Central Sindical de las Americas, nuova struttura sindacale nata nel marzo 2008 dalla fusione di due delle maggiori organizzazioni sindacali del continente americano (la Clat (Confederazione latino americana dei lavoratori) e la Orit (Organizzazione regionale interamericana dei lavoratori), che raggruppa circa 30 milioni di iscritti, dal Canada all’America del Sud.

Il lavoro di denuncia sugli effetti dei Tlc è molto avanzato (anche, purtroppo, grazie agli effetti devastanti più che evidenti di quelli già attuati), come pure le campagne, come “Agua fuera del Ada” con cui si denuncia come l’acqua non venga ritenuta un bene pubblico ma un sottogruppo dei “servizi relativi all’ambiente” e quindi soggetta al libero commercio.

Dal lato europeo, per essere onesti, la rete è ancora in crescita. È necessario quindi rafforzare questo lato della rete, non solo perché l’“origine” del male è nella Ue ma perché gli effetti di queste politiche ricadono direttamente anche sugli stessi cittadini europei.

Lontano dall’essere una rete di “solidarietà” nei confronti dei popoli latinoamericani vittime degli effetti nefasti dei Tlc e dello strapotere delle multinazionali europee, la rete Ea punta ad essere un soggetto portatore di decisioni politiche.

Per questo la pluralità di soggetti diventa uno dei suoi punti di forza : permette un’analisi sotto tutti gli aspetti (ambiente, migrazioni, lavoro ecc.) che consente di avere un panorama più ampio degli ambiti di discussione e/o di incidenza, sempre con una prospettiva biregionale. Nel Forum sociale mondiale di Belem del gennaio 2009, ad esempio, sono stati realizzati seminari che andavano oltre le tematiche apparentemente collegate strettamente solo al libero commercio, e con soggetti diversi, proprio per andare ancor più in questa direzione.

Il focus della rete rimane il contrasto al tipo di politiche commerciali promosse dalla Ue, portando avanti una campagna di denuncia contro gli Ada, svelandone i reali contenuti e retroscena, mentre in contemporanea si analizzano e appoggiano le relazioni commerciali basate sui valori della solidarietà, dei diritti umani, della giustizia sociale, economica e ambientale. Inoltre la divulgazione di informazioni e il lavoro a livello biregionale aspirano ad ottenere maggior trasparenza nei negoziati e maggior controllo sull’operato delle multinazionali europee.

Il monitoraggio sullo strapotere delle multinazionali europee si è sviluppato anche grazie al lavoro congiunto con il Tribunale permanente dei popoli (Tpp), le cui sessioni sono state, per così dire, “incorporate” ai controvertici realizzati in concomitanza con gli incontri dei capi di stato, di modo che il lavoro del Tpp ha permesso di denunciare ed evidenziare come operino le multinazionali europee nel continente latinoamericano. La rete Ea sostiene i governi che mettono in discussione la pressione della Ue e che si oppongono a posizioni prettamente neoliberiste, anche attraverso la messa in opera di reali proposte alternative, come l’Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba). Attraverso un lavoro continuo di scambio di informazioni e di analisi, la rete fornisce strumenti per approfondire la conoscenza dei processi di costruzione di proposte alternative, come appunto l’Alba.

Il lavoro della rete prosegue oggi cercando di aprirsi a un numero sempre maggiore di soggetti per la costruzione di un lavoro congiunto, e in questa direzione va anche la collaborazione con altri reti già esistenti che operano sui temi del libero commercio e non solo, come la rete Seattle to Bruxelles, che raggruppa 82 organizzazioni e che, come Ea, lavora contro le politiche commerciali e degli investimenti della Ue e contro le azioni delle multinazionali.

La crescente internazionalizzazione dei movimenti sociali fa sì che essi vadano ormai ben oltre i confini nazionali e può permettere loro di condividere e confrontare i differenti processi e di rafforzarsi reciprocamente. È questo il senso della biregionalità di Ea, al fine di garantire che i settori più vulnerabili, tanto nell’Unione europea che in America latina e Caraibi siano tutelati. In questa direzione, oggi, il lavoro prosegue anche verso la costruzione del prossimo controvertice, che sarà dal 14 al 18 maggio 2010 a Madrid, per il quale ci si augura un ulteriore allargamento e la massima partecipazione possibile di tutti i settori sociali (per info e adesioni, www.enlazandoalternativas.org).

Pubblicato sul n. 157 di Guerre&Pace “America da Sud” – febbraio 2010



 
     
     
     
     
 
Enlazando Alternativas | Red Birregional UE - ALC | 2007
Resolución mínima recomendada: 800 x 600 ppp
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